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Un'estate al mare: putroppo no.
Aug 11
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Tornelli, divieti di panino e listini da capogiro. Se il mare italiano oggi attira più polemiche che turisti, forse non è colpa solo del meteo.

Quest’estate, le coste italiane offrono uno spettacolo inedito: gli stabilimenti balneari sfoderano ombrelloni e lettini ma i clienti sono pochi. Le presenze sono calate del 20-30% nei mesi di giugno e luglio, con picchi di affluenza solo nei weekend. Sempre più italiani e stranieri scelgono alternative più economiche e attrezzate: dalle spiagge greche e albanesi alle coste turche.
Caro-servizi e prezzi fuori controllo
Un ombrellone con due lettini costa oggi in media 212 € a settimana, il 17% in più rispetto a quattro anni fa. Tra consumazioni obbligatorie, parcheggi e costi extra, una famiglia può arrivare a spendere oltre 180 € per una sola giornata. In stabilimenti esclusivi, si sfiorano i 1.500 € al giorno. E sebbene i prezzi siano sicuramente saliti, la qualità dell'offerta non lo è altrettanto: sappiamo bene quanto sia difficile trovare parcheggio in tantissime località balneari italiane, affittare un appartamento ad Agosto o trovare una camera d'albergo che non costi quanto a Montecarlo. Sappiamo tutti che in alta stagione si paga di più, ma se una settimana a Roseto degli Abruzi costa come una settimana alle Maldive, molti sceglieranno le Maldive, fosse anche solo per la novità.
Una normativa che blocca il ricambio
Quest'inverno si è fatto un gran parlare delle spiagge e delle licenze balneari. In Italia, le concessioni demaniali sono state prorogate automaticamente fino al 2034, senza gare pubbliche, in contrasto con la direttiva europea Bolkestein. Questo sistema cristallizza il mercato e frena la concorrenza, mantenendo gli stessi operatori — e spesso le stesse strutture — per decenni. Certamente chi ha investito per creare un'attività va avvantaggiato, ma è altrettanto evidente che il sistema allo stato attuale non funzioni.
All’estero funziona diversamente
Francia, Spagna, Croazia e Grecia adottano concessioni brevi (5-10 anni), assegnate tramite bandi pubblici. La competizione spinge i gestori a investire in qualità, innovazione e prezzi competitivi, evitando il rischio di servizi obsoleti. Inoltre, le spiagge libere sono la stragrande maggioranza, permettendo a tutti di andare al mare e non spendere nulla. Ed oltre a questo, nel resto d'Europa è possibile trovare tutte le informazioni sulle spiagge libere ed attrezzate, sui parchi naturali e le aree protette in "siti contenitore" gestiti da enti e privati: in Italia mancano il coordinamento e la digitalizzazione che favoriscono l'accessibilità e la fruibilità dei luoghi.
Offerta e infrastrutture ferme agli anni ’90
Molte strutture balneari italiane offrono oggi gli stessi servizi di 20 o 30 anni fa, senza significativi ammodernamenti. Strade, parcheggi e trasporti pubblici sono spesso inadeguati, incapaci di gestire i picchi dell’overtourism. Un problema che riguarda anche alcune mete montane, dove l’afflusso supera di gran lunga la capacità ricettiva. Anche la presenza on-line della maggior parte delle strutture è carente: non si possono contattare, prenotare e nemmeno vedere digitalmente strutture e servizi. L'unica soluzione è il telefono o recarsi di persona e sperare per il meglio.

Cosa servirebbe per invertire la rotta
Evitare che le spiagge vuote diventino la nuova normalità richiede molto più di un semplice ritocco ai listini. È necessario un intervento strutturale che parta da una riforma del sistema delle concessioni: bandi pubblici trasparenti e periodici, come avviene in altri Paesi europei, per garantire concorrenza, ricambio e stimolare l’innovazione.
Parallelamente, serve un piano nazionale di investimenti mirato alle località balneari, che non si limiti a riqualificare l’esistente, ma ridisegni l’esperienza turistica: stabilimenti moderni e sostenibili, infrastrutture di accesso efficienti, parcheggi adeguati, servizi digitali per prenotazioni e pagamenti.
La politica dei prezzi deve tornare a essere un fattore di attrattività e non di esclusione: tariffe calibrate su diversi target (famiglie, residenti, turisti stranieri) e offerte integrate con ristorazione, sport, eventi e cultura, così da allungare la permanenza media e distribuire i benefici economici sul territorio.
Infine, occorre ripensare il turismo costiero in chiave ambientale e destagionalizzata: proteggere gli ecosistemi, diversificare le attività oltre il balneare e distribuire i flussi anche nei periodi di bassa stagione, alleggerendo la pressione dell’overtourism nei picchi estivi.
Solo un approccio coordinato, che unisca norme moderne, servizi di qualità, sostenibilità e accessibilità, potrà restituire competitività alle spiagge italiane e preservare uno dei patrimoni più preziosi del Paese.





