Il cliente ha sempre ragione? Non più.

Dare voce alle opinioni ma solo quelle che contano.

Blogger, influencer e clienti scontenti non hanno vita facile quando scrivono recensioni parziali e pregiudizievoli.

Ricordi la frase “il cliente ha sempre ragione”?


Le famiglie italiane del dopoguerra potevano permettersi di andare al ristorante solo nelle grandi occasioni, e spesso, neppure in quelle. Si usciva per stare insieme, per festeggiare un momento importante e non per degustare cucine raffinate o i trend del momento.

Le lasagne della nonna e la torta della zia erano quanto di più gourmet ci potesse essere, infatti neanche il miglior piatto di tutti era quello di casa, non quello del ristorante.

In questo contesto il cliente era un animale raro, da ascoltare ed esaudire. Inoltre, nel nostro paese c’è sempre stato un concetto forte di ospitalità che ci spinge a fare il massimo per chiunque sia “ospite” non solo al ristorante il che ci porta a dare ragione al cliente, che era rispettoso e non polemico.

30.000 imprese in più dal 2011 al 2019 nella ristorazione

Aumentano i soldi, aumenta la voglia di uscire a mangiare fuori, diminuiscono le mamme e le nonne che cucinano. Senza approfondire troppo i numeri, fino al 2019 il tasso di crescita dei ristoranti in Italia era del 30%, con punte del 50% in Sicilia e 40% in Campania.

Si diffondono i social media, i programmi gastronomici e la mania degli italiani di giocare al critico gastronomico. Lunedì tutti allenatori, martedì virologi, mercoledì (se non c’è la champions) tutti critici gastronomici.

Nel nostro paese i ristoranti che aprono di più sono pizzerie e le trattorie seguite dai bistro con cucina locale. Piadinerie, spaghetterie, paninerie si rivolgono ad un pubblico che ama mangiare bene e non vuole affrontare i misteri dell’imprevisto delle cucine etniche ed esotiche. Per rendere la situazione più interessante la pizzeria offre impasti di grani antichi, l’osteria ha una selezione sconfinata di vini biodinamici e la trattoria ripropone ricette delle bisnonne.

In tutto questo, il cliente grafomane che racconta la sua esperienza dal parcheggio al colore dello scontrino, ha ancora sempre ragione?

Io recensisco, tu recensisci, tutti recensiscono

“Tutto pessimo! La pizza era surgelata e il locale buio e caldissimo! Non ci tornerò mai più! Ha la fortuna di essere vicino alla stazione altrimenti non ci sarei mai andato!” Questa è una recensione (vera) trovata su Tripadvisor, il più famoso portale di recensioni on line al mondo. Il cliente pagante ha sicuramente diritto di dire la sua sui prodotti, la location e il servizio.

“La pasta era scotta e la salsa talmente insipida che mia nonna si sarebbe vergognata di servirla a tavola”. Altra recensione trovata su Trip: ma qui ci stiamo allontanando dalla legittimità a grandi passi. Se non ti piace ok, ma perchè tirare in mezzo la nonna che si vergogna?

“Ristorante da evitare. Non ci hanno fatto mangiare a 45 minuti dalla chiusura. Una stella.” Recensione di un cliente di We Are Food ricevuta la scorsa settimana su Google.
Qui il cliente non ha più ragione perchè lascia una recensione-sfogo che serve solo a lui. Il ristorante non ti fa sedere a 45 minuti dalla chiusura perchè vuole che tu abbia un’esperienza gastronomica senza ingozzarti come un’oca da foie gras. Al contrario di quello che molti clienti pensano, i ristoranti non fanno profitto quando mandano via le persone e nemmeno si divertono a farlo. Non accettare clienti in prossimità dell’orario di chiusura è una forma di rispetto per il cliente e anche per il personale che fa turni lunghi e faticosi.

Ma allora… Il cliente ha sempre ragione, o hanno ragione le guide?

Dato che le recensioni sulle varie piattaforme e social media diventano sempre più numerose e parziali, c’è un ritorno all’uso delle guide, in edizione digitale, ed un nuovo fenomeno di micro influencers che sono attivi solo in una zona o per uno specifico prodotto. Al contrario dei bloggers più famosi che vendono i solo servizi alle aziende in cambio di dolcissime recensioni positive, i micro influencers sono un po’ come vicini di casa o cugini golosi che sanno sempre dov’è la pasticceria più buona.

Le guide stanno ritornando di moda perchè aggiungono autorità alla competenza eliminando il “dramma” che spesso permea le recensioni di chi è stato ignorato o offeso o deluso dal ristorante di cui parla. La guida critica e giudica secondo parametri stabiliti e non si emoziona, se non in casi rarissimi.

Il cliente ha ragione ma non di diritto.

Spessissimo i clienti mettono in luce problematiche e punti di forza che il ristoratore conosce benissimo. Personale non formato, piatti che non arrivano, confusione nel menù e nel servizio: i problemi che i clienti notano in una cena, il proprietario che sta nel locale 18 ore al giorno, il ha già visti da tempo. I commenti legittimi vanno ascoltati, presi sul serio ed usati per correggere gli errori. Ed il cliente va servito con attenzione e professionalità.

Ma il cliente che entra scontento e che prova piacere a creare difficoltà o a criticare qualsiasi cosa che passi sotto al suo sguardo, quello non merita di entrare nel locale. E’ un cliente impossibile che non solo non ha ragione, ma non sarà mai contento.

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